Ho scelto questo argomento perché ho notato che c’è molta confusione a riguardo, credo sia importante chiarire che esistono forme di intolleranza al glutine diverse dalla celiachia, di cui non siamo in grado di stabilire una diagnosi certa per l’assenza di marcatori specifici. Da qui il fenomeno che porta sempre più persone a escludere autonomamente i prodotti a base di glutine dalla dieta, con un danno per la salute.  Questo fenomeno è aumentato soprattutto dopo che alcune celebrità hanno dichiarato di sentirsi molto meglio dopo aver seguito la famosa dieta “gluten-free”. Il risultato è che, per seguire questi modelli, molte persone, senza alcuna necessità, si sono convertite al senza glutine, correndo così il rischio di un possibile ritardo di una diagnosi di celiachia. 
Il Prof. Umberto Volta ha ribadito, al convegno nutriMI tenutosi a Milano il 3 e 4 aprile, che questo tam-tam mediatico deve essere combattuto e che lo stesso discorso vale per l’auto diagnosi: chi sospetta di essere sensibile al glutine non deve di sua iniziativa mettersi a dieta aglutinata, ma rivolgersi a un centro di riferimento per la celiachia. Qui, eventualmente, sarà esclusa questa intolleranza, assieme a una possibile allergia al grano, e si valuterà il sospetto di sensibilità al glutine.

Cercherò dunque di spiegare, il più semplicemente possibile, le differenze che esistono tra sensibilità al glutine e celiachia….

Il glutine rappresenta la principale componente proteica del frumento e di altri cereali (orzo e segale). È una proteina di scarso valore nutrizionale, che tuttavia  consente la formazione di un impasto elastico e tenace fondamentale per la panificazione. Visto l’elevato consumo di prodotti contenenti farina di frumento (pane, pasta, pizza etc.) il glutine rappresenta una delle proteine più importanti e più presente nella nostra alimentazione. Nei tempi passati il frumento era ampiamente utilizzato soprattutto nei paesi occidentali (Europa e Americhe), tuttavia la “globalizzazione alimentare” ha fatto si che il consumo di glutine sia aumentato anche in aree come la Cina e il Giappone dove l’utilizzo di derivati del frumento era molto ridotto nel passato.
Questa diffusione del frumento nell’alimentazione umana corrisponde con un aumento della prevalenza di disturbi gastrointestinale indotti dal glutine: l’allergia al grano, la sensibilità al glutine sino ad arrivare alla celiachia Tra le possibili spiegazioni di questo aumento c’è il consumo di varietà di grano modificate, per l’uso sempre più indiscriminato della tecnologia industriale dei fertilizzanti, che contengono una maggior quantità di proteine tossiche per la nostra mucosa intestinale rispetto al passato, ma anche i ridotti tempi di lievitazione dei prodotti da forno, che contribuiscono a una maggiore tossicità degli alimenti contenenti glutine.

La celiachia è una patologia auto-immune dell’intestino causata dall’ingestione di glutine in persone predisposte geneticamente. E’ stato oramai chiaramente dimostrato che non si “nasce celiaci”, ma che alla nascita è presente una predisposizione genetica verso la celiachia, che potrà manifestarsi in qualsiasi momento della vita in seguito all’intervento di vari fattori ambientali fra cui infezioni intestinali, stress, gravidanza ed alterazioni della flora batterica intestinale.  La predisposizione genetica è legata principalmente ai geni del sistema HLA che vengono identificati in almeno il 95% dei soggetti celiaci. Il Sistema HLA è composto da molecole che si trovano sulla superficie di cellule immuno-competenti  che "aiutano" il sistema immunitario a riconoscere molecole estranee all’organismo (in questo caso il glutine).  

Negli individui affetti (nel 90% con aplotipo DQ2 dei geni del Sistema HLA)è la gliadina, componente proteica del glutine, ad essere riconosciuta come antigene estraneo dai linfociti T e a scatenare una risposta anticorpale nei confronti dei villi della mucosa intestinale che diviene nel tempo completamente piatta causando malassorbimento.  I geni responsabili rappresentano, tuttavia, un fattore necessario ma non sufficiente allo sviluppo della malattia, infatti essi sono presenti anche in un ampia percentuale della popolazione sana.  

La descrizione di questa malattia si ha fin dal primo secolo d.C. ma il legame con il glutine è stato definito solo nel secolo scorso. Fino ad alcuni anni fa era considerata una  malattia rara, prevalente in età infantile con le manifestazioni classiche della sindrome da malassorbimento. L’epidemiologia della celiachia è cambiata radicalmente con l’introduzione di test sierologici altamente sensibili e specifici (come gli anticorpi anti-endomisio (EMA) ed anti-transglutaminasi (TG)) che hanno permesso lo screening della popolazione e l’ identificazione di svariate forme della malattia. La prevalenza della celiachia nella popolazione generale dei paesi occidentali è di circa l’1% (1 caso su 100). 

La celiachia può manifestarsi con diversi sintomi clinici che vanno dai tipici segni di malassorbimento (diarrea cronica, perdita di peso, distensione addominale) a manifestazioni croniche estranee all’apparato digerente come crampi, debolezza muscolare, formicolii, emorragie, dolori ossei; molto frequente è l’anemia da carenza di ferro. Infine esistono soggetti che non lamentano sintomi o nei quali i disturbi sono talmente modesti da non richiedere l’intervento del medico e possono pertanto essere esposti al rischio di complicanze tardive quali osteoporosi, infertilità e sviluppo di tumori.
La scoperta dei diversi anticorpi della celiachia e le analisi di screening condotte negli ultimi anni hanno evidenziato che la celiachia insorge più spesso di quanto si supponga e per via dell‘alto numero di persone asintomatiche si parla quindi di "fenomeno dell‘iceberg" a proposito di questa patologia. Si calcola che per ogni paziente a cui è stata diagnosticata la celiachia ve ne sono da sette a dieci a cui la celiachia non è invece stata diagnosticata. 

Quando si hanno i sintomi più comuni descritti sopra si pensa subito a una forma di celiachia, in realtà esiste un'altra forma di intolleranza al glutine che viene definita “sensibilità al glutine (SG)” e che pur  manifestandosi  con sintomi intestinali simili a quelli della celiachia, a differenza di quest’ultima non si associa alla presenza di anticorpi e di danni alla mucosa intestinale. Entrambe le condizioni prediligono il sesso femminile, ma mentre la celiachia ha il suo possibile esordio in qualsiasi età della vita, la SG è di gran lunga più frequente in età adulta con un picco intorno ai quaranta anni e molto più rara in età pediatrica. I sintomi sono sovrapponibili a quelli della celiachia rendendo impossibile una distinzione solo su base clinica, anche se la SG mostra una più elevata percentuale di sintomi neurologici, che comprendono cefalea, confusione mentale e parestesie a livello degli arti. Inoltre nella SG si osservano più spesso dolori articolari e muscolari.
I sintomi appaiono, in oltre il 90% dei soggetti, rapidamente rispetto all’assunzione del glutine, spesso entro le 24 ore, ed altrettanto rapidamente scompaiono in seguito all’eliminazione del glutine dalla dieta con un significativo miglioramento clinico nel giro di pochi giorni. La diagnosi della GS si basa sulla dimostrazione del rapporto causa/effetto tra ingestione di glutine e sintomi, poiché non è ancora stato individuato il bio-marcatore di questa condizione.  Anche la sua frequenza nella popolazione non è ancora stata chiarita, anche se alcune stime suggeriscono che il problema possa essere addirittura più comune della celiachia, ma a differenza di quest’ultima la GS può essere un disturbo transitorio. 

A tutt’oggi, nonostante i numerosi tentativi terapeutici in sperimentazione scientifica, il solo trattamento provato per la celiachia continua ad essere la dieta permanente strettamente priva di glutine. La stretta aderenza alla dieta aglutinata garantisce il raggiungimento e il mantenimento di uno stato di salute e di benessere. Il soggetto celiaco deve osservare attentamente la dieta aglutinata per il rischio di complicanze tra le quali osteoporosi, infertilità, tumore intestinale, problemi alla tiroide in coloro in cui c’è una scarsa aderenza alla terapia alimentare.

 Quando il celiaco intraprende la dieta senza glutine avverte inizialmente molta confusione su quali siano i cibi consentiti e quali vietati. Quello che va, innanzitutto, sottolineato è che la dieta senza glutine non è una dieta “per malati”; i cibi senza glutine sono molti più di quanti si riesca ad immaginare e comprendono, ad esempio, latte e derivati, frutta e verdure fresche, frutta secca, carni in genere, uova, pesce, legumi, e, tra le farine, il mais, il riso e il grano saraceno. I cibi che contengono glutine sono invece il pane, la pasta e i prodotti da forno preparati con cereali vietati quali il frumento, la segale e l’orzo; va però ricordato che è possibile trovare il glutine sorprendentemente, anche in altri alimenti quali: condimenti già pronti, salse, marinate, zuppe o stuzzichini salati. La disponibilità di cibi “sicuri” senza glutine ha incrementato la possibilità di scelta dei pazienti e la varietà della loro dieta spingendoli a non sentirsi diversi quando mangiano insieme agli altri.
 
La dieta senza glutine deve essere la più “stretta” possibile, tuttavia è opinione unanime che la contaminazione da glutine, perfino nei prodotti “gluten free”, non possa essere completamente evitata: per tale motivo è indispensabile un’attenta lettura delle etichette nutrizionali o la consultazione del prontuario degli alimenti curato da AIC (Associazione Italiana celiachia), quando si acquistano prodotti che non recano il marchio “spiga sbarrata”.




Qui di seguito un elenco generale di sostanze pericolose e non da tenere presente quando si legge l’ etichetta di un prodotto che si desidera acquistare per un celiaco.

SOSTANZE PERICOLOSE:
  • Frumento, orzo, segale, farine di frumento, di orzo e di segale
  • Amido, amido di frumento, amido di “cereali” non specificati
  • Malto (d’orzo)
SOSTANZE NON PERICOLOSE:
  • Farina e amido di riso, di mais, di soia, di patate, di castagne, di miglio, di grano saraceno
  • Maltosio, maltilolo, maltodestrine
  • Glutammato e additivi vari
  • Semi di guar, carrube

Per coloro che fortunatamente non sono celiaci e manifestano solo una sensibilità al glutine, o una semplice allergia al grano, invece, non ci sono indicazioni che raccomandino l’uso di una dieta priva di glutine ristretta e duratura nel tempo!!!





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