Ero
incerta se affrontare questo argomento, è un po’ impegnativo e molti, forse,
non ne sono neanche a conoscenza, ma negli ultimi tempi è diventato l’argomento
principale di molti convegni dove nutrizione, economia, ambiente ed etica sono
i protagonisti; basti pensare che è lo slogan dell’EXPO 2015 di Milano è “nutrire il
pianeta, energia per la vita” e la domanda a cui si vuol dare una risposta è la
seguente: È possibile assicurare a tutta l’umanità un’alimentazione buona,
sana, sufficiente e sostenibile?
Il
rapporto tra sostenibilità ambientale e nutrizione è un argomento che mi
interessa molto e che ho iniziato ad approfondire qualche tempo fa con la
lettura dell’ormai famoso libro di Michael Pollan “Il dilemma dell’Onnivoro” in
cui l’autore afferma «Eating is a political act», quello che mettiamo sul
piatto è un atto politico: a partire dalle scelte alimentari individuali del
nostro quotidiano, ognuno di noi può incidere in maniera positiva o negativa sulla
propria salute e allo stesso tempo su quella dell’ambiente.
Tutto
nasce dalla consapevolezza che viviamo su un pianeta con crescita demografica infinita ma con risorse in progressivo
esaurimento, dobbiamo dunque fare qualcosa!!
Prima
di tutto cosa vuol dire sostenibile? Vuol dire fare delle scelte che riducano
l’impatto ambientale dovuto alla produzione, alla distribuzione e al consumo
dei cibi! Dunque bisogna adottare una dieta sostenibile, e in questo ci viene
in aiuto il modello della doppia piramide alimentare creata da Barilla Center
for Food and Nutrition , uno strumento che mette in relazione l’aspetto
nutrizionale degli alimenti con il loro impatto ambientale in cui gli alimenti
posizionati più in basso hanno il minore impatto ambientale e per i quali è consigliato
un consumo maggiore, viceversa, gli alimenti per i quali viene raccomandato un
consumo ridotto sono anche quelli che hanno maggior impatto sull’ambiente.
La
doppia piramide ci ricorda che un regime alimentare bilanciato e corretto come
quello mediterraneo, a base di pasta e altri cereali, verdure, frutta e olio di
oliva, che contribuisce com’è noto alla salute e al benessere, provoca un
impatto ambientale del 60% inferiore rispetto a un’alimentazione di tipo nordamericano,
sbilanciata verso prodotti di origine animale (soprattutto carne bovina) e meno
verso vegetali e cereali.
L’
epidemia di malattie croniche legate a una dieta scorretta (tumori, disturbi
del sistema cardio-respiratorio, diabete) e le cosiddette “malattie del
Pianeta”, come il riscaldamento climatico, la scomparsa dei pesci dal mare e
l’avvelenamento delle acque e della terra, sono il risultato della diffusione,
soprattutto a partire dagli anni Cinquanta, di metodi produttivi industrializzati,
seguiti dall’adozione da parte delle persone di regimi alimentari non
sostenibili, eccessivamente calorici e ricchi di proteine animali.
Che impatto ambientale ha la produzione di carne?
Per
quantificare tale impatto sono stati scelti due indicatori: il carbon
footprint, che misura le emissioni dei gas a effetto serra (soprattutto CO2)
durante ciclo di vita dell’animale e il water footprint, che ne
misura invece il consumo di acqua per la produzione di un certo quantitativo di
alimento. Con questi indicatori è stato calcolato che per avere un chilo di
ortaggi sulle nostre tavole si ha un emissione di 255g di CO2 nell’atmosfera,
mentre per la produzione di un chilo di carne l’emissione di CO2 è
circa 6000 grammi, una notevole differenza e un diverso impatto ambientale!!
Oltre
il problema dell’inquinamento ambientale c’è un problema più etico che riguarda
il benessere degli animali allevati; in Italia gran parte degli allevamenti di
bovini sono di tipo intensivo cioè gli animali sono stipati in pochi metri
quadri e, a volte, non hanno neanche lo spazio per stendersi, non hanno un
adeguato ricambio d’aria e vivono in stalle con eccesive concentrazioni di
ammoniaca e idrogeno solforato, a volte nelle stalle non penetra neanche la
luce naturale e infine hanno un alimentazione inadeguata per un ruminante ricca
di ormoni e proteine animali e per evitare che a causa delle condizioni poco
salutari si ammalino o per curarli dalle infezioni vengono utilizzati
antibiotici. È ovvio che se lo stato di salute dell’animale non è ottimale
questo provocherà la produzione di carne con scarso valore nutrizionale che
arriva giornalmente sulle nostre tavole.
Quanta
carne mangiamo e quanta ne dovremmo mangiare?
Il
consumo di carne è cresciuto molto rispetto al passato, la FAO ha calcolato che
sia aumentato globalmente del 400% rispetto agli anni 60. In Italia si è
superata la media europea con un consumo pro capite di 90,4Kg corrispondente a
100g al giorno di carne soprattutto bovina, l’INRAN dopo l’ultima indagine del
2008 sul consumo alimentare in Italia ha decretato: mangiamo troppa carne! Il
consumo di carne raccomandato dall’Associazione Internazionale per la ricerca
sul cancro è di 400-450g a settimana.
Forse
l’impatto ambientale che ha il consumo quotidiano di carne non è un argomento
che interessa tutti o a cui tutti sono portati a riflettere, allora
capovolgiamo l’argomento, che impatto ha il consumo di carne sulla nostra
salute?
Da
trenta anni l’oncologia mondiale studia il rapporto tra cibo e cancro. I dati
ottenuti da diversi studi effettuati sui legami tra dieta e cancro e pubblicati
su importanti riviste scientifiche, confermano che il 30-40% dei tumori si
potrebbero evitare se uomini e donne dei paesi ricchi si nutrissero in modo diverso.
Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità i casi di cancro potrebbero
aumentare del 50% entro il 2020 se il regime alimentare non viene modificato, e
l’imputato principale è il consumo eccessivo di carne e proteine animali
associato a diete troppo caloriche.
Il
Prof. Berrino, epidemiologo dell’Istituto Nazionale dei Tumori, sostiene che la
carne rossa favorisce la formazione del tumore colon-rettale e il rischio
aumenta in base alle quantità assunte, il 70% dei tumori del colon-retto sono
attribuibili all’alimentazione, su altre forme di tumore, come quello della
prostata e della mammella, gli studi sono in corso ma in generale non vi è
alcun dubbio sul fatto che un buon apporto di vegetali e un diminuito consumo
di proteine animali protegga in modo efficace l’organismo.
Dunque
la strategia di prevenzione dei tumori passa anche da una “buona dieta” e
soprattutto da un uso moderato della carne!!
Ulteriori
studi sono stati condotti sul consumo di carne da parte dei bambini e il
rischio di obesità; è stato dimostrato che i bambini assumono 4 volte in più la
quota di proteine ideale per la salute e solo l’1% segue un alimentazione
corretta. Il risultato è oltre un milione di bambini in sovrappeso e quasi 300 mila
sono obesi. L’alimentazione corretta sin dall’infanzia e soprattutto un ridotto
consumo di proteine animali è fondamentale per ridurre il rischio di malattie
cardiovascolari, obesità e diabete in età adulta. (Ma questo è un argomento che
affronterò in modo più approfondito in un altro post).
Dunque
sia per la nostra salute che per quella dell’ambiente dobbiamo adottare uno
stile alimentare diverso, ma il problema della sostenibilità ambientale
riguarda non solo le singole persone o le famiglie ma anche le istituzioni, che
in tal senso stanno facendo degli sforzi apprezzabili per muoversi verso un
futuro a minor impatto ma non bisogna dimenticare che noi possiamo fare molto
iniziando dal conoscere i nostri consumi e modificarli se necessario!
Quali scelte fare?
- Mangiare meno carne, la soluzione immediata potrebbe essere diventare vegetariani, ma personalmente credo che rinunciare a qualcosa non è la scelta giusta se non si hanno forti convinzioni etiche e salutistiche (a volte errate), ma diminuire la quantità di assunzione è molto importante.
- Preferire la carne bianca a quella rossa più digeribile e povera di grassi da accompagnare sempre con un 200g di verdure cotte o crude o con 80g di riso, cereali, cous cous, almeno due volte a settimana o consumarla con 100g di legumi una volta a settimana (ad esempio uno spezzatino di pollo o coniglio con i piselli)
- Controllare sempre le etichette per conoscere la provenienza e il tipo di allevamento
- Mangiare prodotti locali o a “Km zero” è una buona soluzione per evitare i lunghi viaggi di animali e di cibo provenienti da luoghi lontani
- Mangiare prodotti biologici o almeno avvicinarsi al biologico perché biologico vuol dire che per la produzione non sono stati utilizzati pesticidi, erbicidi o fertilizzanti chimici, ciò permette di diminuire l’impatto sull’ambiente evitando l’inquinamento del suolo e delle falde acquifere; inoltre con questo sistema di produzione viene rispettato il benessere dell’animale da allevamento.
Si
può fare una cosa molto semplice e aderire alla campagna i “Lunedì senza carne” (Meat Free Monday), nata nel 2009 grazie ad un’idea di Paul,
Stella e Mary McCartney: rinunciare alla carne un giorno alla settimana, per il
benessere del pianeta, degli animali, e di noi stessi. La Meat Free Monday
Campaign non vuole trasformarci in vegetariani, ma stimolare uno stile di vita
sano e consapevole, almeno di lunedì – perché un solo giorno alla settimana può
fare un mondo di differenza.
In
conclusione: per cambiare il mondo dobbiamo prima cambiare noi stessi!!
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